Col vento in poppa!

di Giacomo A. Minazzi,
psicologo, referente CRA “R0”, coordinatore delle attività riabilitative Fondazione Adele Bonolis – AS.FRA. e responsabile dell’attività

Ha preso avvio lunedì 20 settembre 2021 l’attività velica di un gruppo di ospiti della Fondazione Adele Bonolis. Sei pazienti delle comunità “R0” ed “R1” prenderanno parte, a turni, a cinque uscite in barca a vela sul lago di Lecco affiancati da un istruttore della Federazione Italiana Vela (FIV). Obiettivo tecnico del percorso sarà quello di rendere i partecipanti capaci di condurre autonomamente e sotto la supervisione dell’istruttore, una barca a vela. L’attività si inserisce, in modo sperimentale, nelle oltre 60 attività riabilitative di gruppo al momento offerte dalla Fondazione.

Il progetto prende vita grazie alla collaborazione con Marvelia – Centro formazione vela che ci ha permesso di partecipare al progetto nazionale FIV Insieme a vela senza barriere, che ha come obiettivo di facilitare l’accesso alle attività̀ sportive da parte di alcune categorie fragili, abbattendo le barriere economiche e sociali e proponendone la partecipazione gratuita su scala nazionale ad attività legate al mondo della vela.

La scelta della Fondazione, in concerto con il team di Marvelia, il suo Presidente, Nicolò Cislaghi, e l’istruttore che accompagnerà i ragazzi durante ogni uscita, Alessio Bellico, è stata quella di organizzare un vero e proprio corso, in cui i pazienti-allievi possano mettersi alla prova nell’acquisizione delle competenze e delle conoscenze di base della conduzione di una barca a vela in sicurezza e autonomia.

 

La letteratura scientifica sull’argomento è piuttosto vasta. In barca a vela le dinamiche di gruppo si amplificano, ricreando a bordo una società in miniatura che ripropone le relazioni quotidiane amplificate in intensità e frequenza. L’impegno e l’emozione dell’andar per mare sono intrinsecamente legati alla responsabilità di ogni membro dell’equipaggio verso l’altro, preso singolarmente, e preso nella sua dimensione gruppale di equipaggio.

Su una barca a vela tutti hanno un ruolo e delle competenze, tutti hanno un obiettivo comune, vigono delle regole, è presente un leader, la comunicazione è diretta, le decisioni devono essere veloci e condivise dall’equipaggio, che deve muoversi in sintonia con la barca e con il suo comandante. Le dinamiche in barca sembrano dunque essere un buon sostegno, strumento di messa in opera, delle problematiche di socializzazione, ritiro e isolamento che talvolta si manifestano in alcuni pazienti con fragilità nel campo psichiatrico.

L’esperienza della navigazione a vela può contribuire al consolidamento del sé e della propria consapevolezza corporea, lavorando su elementi di self efficacy e autorealizzazione: ogni membro dell’equipaggio ha un preciso ruolo e delle precise responsabilità e può constatare nell’immediatezza gli effetti del proprio agire sulle manovre dell’imbarcazione, che reagisce alle sollecitazioni dell’equipaggio.

La comunicazione è un altro elemento essenziale, necessitando un continuo aggiustamento delle diverse regolazioni – in sincrono – al variare costante delle condizioni di vento e di mare (lago, nel caso di Lecco), in un susseguirsi di comandi, feedback e retro-feedback da parte dell’equipaggio e della barca stessa, rendendo evidente il buon funzionamento dell’equipaggio, in relazione all’andamento della navigazione: solo quando tutti si coordinano in una sequenza ordinata di gesti la barca vola sull’acqua.

È risaputo che “la partecipazione alla navigazione da parte di persone con disabilità è ampiamente considerata come avere esiti positivi sull’autostima” e sulla salute generale dei partecipanti[1]. In letteratura sono riportate numerose esperienze sull’uso della vela nella riabilitazione di persone disabili[2] e con disturbi comportamentali[3].

Alcuni studi hanno inoltre cercato di misurare questa efficacia mediante progetti sperimentali di programmi di navigazione adattati per persone con disabilità fisiche[4]. Imparare a navigare e navigare sono stati utilizzati nella pratica riabilitativa di alcuni Centri Pubblici di Salute Mentale in Italia (e.g., Genova e Trieste) con persone che soffrono di gravi disturbi mentali. Sia il Trieste che il Genoa Mental Health Sailing Programme sono così apprezzati che ogni anno prendono parte a regate internazionali, in particolare la Barcolana di Trieste, dove l’equipaggio di “Matti per la Vela”, composto da pazienti del Centro di Genova, è stato anche accompagnato dal campione di vela di fama internazionale Giovanni Soldini come loro skipper; mentre il Trieste Team utilizza il veliero “Moro di Venezia” che ha corso in passato la Coppa America. Pertanto, l’assegnazione di compiti stimolanti come la vela per raggiungere obiettivi di qualità della vita più elevati è una pratica ben nota e presente nella letteratura scientifica dell’ambito psichiatrico[5].

 

[1] Recio AC, Becker D, Morgan M, Saunders NR, Schramm LP, McDonald JW 3rd. Use of a virtual reality physical ride-on sailing simulator as a rehabilitation tool for recreational sports and community reintegration: a pilot study. Am J Phys Med Rehabil 2013; 92(12).

[2] Zimmermann R, Brendler R. Sailing with the handicapped. Rehabilitation (Stuttg) 1983; 22(4): 166-8.

[3] Hegemann T. Rehabilitative success of a social therapy sailing project. Prax Kinderpsychol Kind Kratz G, Söderback I, Guidetti S, Hultling C, Rykatkin T, Söderström M. Prax Kinderpsychol Kinderpsychiatr 1991; 40(2): 61-6.

[4] Kratz G, Söderback I, Guidetti S, Hultling C, Rykatkin T, Söderström M. Wheelchair users’ experience of non-adapted and adapted clothes during sailing, quad rugby or wheel-walking. Disabil Rehabil 1997; 19(1): 26-34.

[5] Carta MG, Maggiani F, Pilutzu L, Moro MF, Mura G, Cadoni F, Sancassiani F, Vellante M, Machado S, Preti A. Sailing for rehabilitation of patients with severe mental disorders: results of a cross over randomized controlled trial. Clin Pract Epidemiol Ment Health. 2014 Jul 23;10:73-9.