Il lavoro clinico in psichiatria suscita continuamente domande.
Le persone affette da una malattia mentale portano con sé storie di vita, relazioni familiari e affettive, momenti di cadute e di riprese, descritte talvolta in modo lineare, più spesso in modo concitato, frammentato, delirante. La sintomatologia psichica, con la sua costellazione di sfumature semeiologiche, necessita uno sguardo attento per essere decifrata e – se lo sforzo non è troppo titanico – compresa. La ricerca in psichiatria nasce dal desiderio.
Desiderio di approfondire, cioè di “andare a fondo” di ciò che si intravede, anche desiderio di misurare, perché no, dei fenomeni molto spesso non-misurabili.
La ricerca in ASFRA è nata in un luogo dove – solo apparentemente – sembrerebbe impossibile, per la “cronicità” dei disturbi e di un tempo lento che potrebbero “appiattire” il desiderio di conoscere e si è sviluppata lungo quattro direttrici.
Dall’osservazione di un paziente (una persona) con una forma comunicativa originale (crisi emotive, talvolta teatrali, che lo portano in contatto con l’altro in modo urgente ed anche angosciante, che lo fanno uscire da un ritiro psichico e fisico, per entrare, appunto, in relazione…) si è arrivati a svolgere un’osservazione diagnostica nuova e una valutazione della sua qualità di vita a diverse riprese.
I risultati sono stati esposti al Convegno Nazionale della Fondazione Sospiro nel settembre del 2018 e 2019, e al Congresso europeo sulla salute mentale nella disabilità intellettiva nel giugno 2019 a Barcellona. Da un singolo caso si è aperta una rete di contatti con colleghi che lavorano nel settore specifico della Disabilità Intellettiva e dell’Autismo. In particolare, nell’incontro del dottor Jacopo Santambrogio (psichiatra della Comunità P1) con il dottor Marco Bertelli, psichiatra e responsabile scientifico del Centro di Ricerca CREA della Fondazione San Sebastiano delle Misericordie di Firenze, è nato il dottorato di ricerca in neuroscienze sul tema della disabilità intellettiva e i disturbi psichiatrici correlati, che vedesse come partner principali la Fondazione Adele Bonolis – AS.FRA. e l’Università Milano Bicocca.
Una prima pubblicazione del gruppo di lavoro della Comunità P1 di ASFRA è apparsa nel contesto storico della Rivista Sperimentale di Freniatria, nel settembre 2018: “Rocco: un destino di cronicità?”.
Si trattava della descrizione di un paziente, autore di reato, e del tentativo riabilitativo svolto dalla Comunità per arginare dei comportamenti maladattativi. Un caso la cui descrizione ha aiutato nella riflessione operativa su di un percorso più appropriato, condiviso con la Magistratura. A partire da questo lavoro e dalla pubblicazione del libro del dottor Santambrogio “Gli intravisti. Storie dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari” (Mimesis, 2020) si è aperta una seconda linea tematica di ricerca sulla cura e riabilitazione dei pazienti autori di reato.
Nel convegno nazionale Sopsi 2021 in cui l’équipe di P1 ha partecipato con una presentazione sui percorsi riabilitativi di alcuni pazienti autori di reato, si è ulteriormente acuita la domanda: quale cura e riabilitazione per un paziente autore di reato? Da questa domanda si è originato il dottorato executive in Psicologia, Linguistica e Neuroscienze cognitive presso l’Università di Milano Bicocca del dottor Antonino Giancontieri, coordinatore della Comunità P1 e Giudice esperto di sorveglianza.
Nel dicembre 2019 nel congresso internazionale promosso dalla sezione della WPA “Spiritualità e Religione in Psichiatria” a Gerusalemme, il dottor Santambrogio ha presentato un contributo del gruppo di studio di ASFRA sul tema della spiritualità come fattore implicato positivamente nella cura. Da questo contributo è scaturita una pubblicazione per la rivista americana Psychiatric Services nel 2021.
Questa linea di studio è espressa dal dottorato executive in psicologia del dottor Giacomo Andrea Minazzi – psicologo, coordinatore delle attività riabilitative di gruppo – presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, che ha come obiettivo quello di verificare quali possano essere gli indicatori di un lavoro di gruppo effettivamente riabilitativo, interrogandolo sia dal lato di chi ne fruisce direttamente (i pazienti), sia dal lato di chi lo attiva (gli operatori).
Per approfondire: